USB in piazza anche a Reggio Calabria per ribadire che contro il Covid necessitano sanità pubblica e reddito per tutti
Presidio: Il Covid c'è, la crisi pure!
Se ci chiudete in casa ci dovete dare i soldi per vivere.
Se ci volete al lavoro ci dovete dare tutte le protezioni che servono, a lavoro e sui mezzi di trasporto.
E soprattutto dovete rafforzare la sanità, quella pubblica.
Venerdì 30 ottobre 2020 alle ore 17.30 davanti la Prefettura di Reggio Calabria USB sarà in piazza, come sta facendo in tantissime città italiane, a ribadire questi semplici concetti.
Non ci giriamo tanto intorno, il grido di rabbia che viene da Napoli e altre piazze italiane è sacrosanto e non basta ricondurlo a “iniziative di facinorosi” per nasconderlo. Nessuno nega la gravità della situazione, tanto meno la necessità di provvedimenti drastici per arginare il numero dei contagi in forte ascesa: quello che oggi è in discussione è chi paga il conto di tutto questo. Il costo sociale di questa epidemia lo hanno pagato in pochi, mentre altri come la sanità privata, la grande distribuzione, le grandi aziende di e-commerce e di spedizione, i colossi dell’immobiliare, gli speculatori finanziari, giusto per fare qualche esempio, ne hanno solo guadagnato. E non bastono gli appelli alla responsabilità del governo per nascondere che una preparazione alla seconda ondata non c’è stata.
Nel comparto sanità è rimasta drammatica la carenza di mezzi e personale che nella fase 1 è stata in parte arginata dall’aiuto solidale dei medici cubani, non è stata definita un’adeguata strategia né tracciamento dei casi e ricerca dei focolai, né della gestione dei positivi sia in regime di assistenza domiciliare, sia nei reparti. Per non parlare poi delle strutture per la quarantena e hotel-Covid per evitare la moltiplicazione degli ospedali domestici, che mancavano allora e mancano oggi. Nulla è stato fatto sul fronte dei trasporti o delle scuole, con un dibattito per mesi incagliato sui tipi di banchi ma che mai ha affrontato l’annoso problema del sovraffollamento scolastico e della precarietà di buona parte del personale.
Governo e Regione tornano ad intervenire tardi e male su una situazione ampiamente prevedibile e che è surreale tornare a definire emergenza. Scaricano solo su alcuni settori il peso di quanto non è stato fatto, limitano il tempo di vita sociale a quello funzionale a lavoro e produzione, magari per non disturbare quella Confindustria che l’inverno scorso ha alzato barricate contro le chiusure, a febbraio si preoccupava di rassicurare gli investitori che “Bergamo is running” mentre i morti nella stessa provincia già si contavano a centinaia e oggi vorrebbe approfittare del rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici per togliere ulteriori tutele ai lavoratori fra i più esposti al rischio.
Ecco perché con noi in piazza non ci sono solo lavoratori della ristorazione, del turismo, invisibili, precari e dimenticati, ma anche i metalmeccanici Usb che lottano e sono in sciopero per un contratto degno. Siamo anelli diversi di una stessa catena di sfruttamento che dobbiamo rompere
Ma se chiusura deve essere, il governo usi le risorse che ha per permettere a chi è stato fermato di vivere. E se non le ha, le vada a prendere da chi ci ha guadagnato da questa ed altre crisi. Se interrompono le attività di ristorazione, se vietano gli spettacoli, se chiudono le palestre, se fermano un pezzo di paese devono usare le risorse che hanno per permetterci di vivere. Lo chiamino come vogliono, reddito di emergenza, sussidio Covid o altro: ci devono dare i soldi. Li tolgano a chi ce l’ha e a chi in questo periodo si è arricchito ancora, perché anche nella pandemia non siamo tutti uguali.
Il governo ha promesso indennizzi, ma ha dimenticato decenni di controriforme del lavoro che hanno creato un esercito di lavoratori precari, flessibili, a chiamata, a progetto, o del tutto a nero senza diritti e senza tutele come i 7mila tirocinanti calabresi. E tutto a norma di legge. Le loro leggi. Che pesano soprattutto al Sud. Solo per il lavoro nero, l’Istat calcola che pesi 77,2 miliardi di Euro di PIL irregolare (4,8% sul PIL). La regione in cui più si fa sentire è la Calabria con incidenza del valore aggiunto da lavoro irregolare sul PIL pari all'8,7%, seguono Campania (8,4%), Sicilia (7,8%), Puglia (6,7%) e Abruzzo (6%). Quello grigio, informale, pesa ancor di più. Questo è il Paese reale che oggi scende in piazza perché non vuole essere costretto a scegliere se rischiare di ammalarsi di Covid19 o di morire di fame. E non bastano le elemosine dei buoni spesa o un reddito di emergenza che non è più di una mancia per vivere.
Se n’è accorto pure il presidente Mattarella che le disuguaglianze crescono, possibile che non capiscano che devono togliere a chi si sta arricchendo per darlo a chi rischia di morire di fame oltre che di Covid?
Chi è al governo deve smetterla di far finta di non vedere quali sono le cose concrete da fare e affrontare con decisione la realtà, utilizzando tutte le risorse a disposizione per fare tre cose urgenti e fondamentali:
1. Misure economiche di protezione effettiva di tutta la popolazione, un reddito che copra in modo dignitoso tutta la fase della crisi e della emergenza sanitaria anche per i lavoratori irregolari, precari e senza tutele
2. Lockdown veri, capaci di isolare e sconfiggere il virus, senza continuare a subire le pressioni di Confindustria che tiene in ostaggio il paese perché le fabbriche devono continuare a produrre. Sistemi di protezione e dpi e programma di controlli e screening periodico per i lavoratori che non si possono fermare e per le loro famiglie
3. Mezzi e personale nella sanità pubblica sufficienti a far fronte all’emergenza pandemica e a dare la certezza che tutti avremo la possibilità di essere curati, senza creare nuove sacche di precariato ma con contratti dignitosi. Qualora necessario, si requisiscano mezzi e personale della sanità privata
Servirà tassare i grandi patrimoni per avere le risorse di cui c’è bisogno? Dovremo chiedere qualche sacrificio alla parte ricca del paese per consentire a tutti di vivere? Comprare qualche aereo da guerra in meno? È una questione di giustizia e di civiltà.
Sanità pubblica e reddito per tutti!
Federazione del Sociale - USB Reggio Calabria