Nella Piana di Gioia Tauro l’ennesima morte per apartheid sociale
Un telo bianco copre un corpo disteso sull’asfalto. Si tratta di Gassama Gora, giovane lavoratore della Piana di Gioia Tauro proveniente dal Senegal, falciato da un’auto pirata che venerdì sera alle spalle del Porto lo ha investito mentre rincasava dal lavoro.
Lavorare in condizioni di precarietà economica, sociale e politica è un delitto. Centinaia di lavoratori migranti percorrono in bicicletta ogni giorno strade buie e dissestate nella Piana di Gioia Tauro, per provare a racimolare quantità risibili di denaro.
Queste non sono condizioni degne di un Paese che rispetti i diritti, le libertà, gli esseri umani. Da anni chiediamo che si investa nella rete infrastrutturale della Piana, sviluppando mezzi di trasporto estensivi che colleghino siti produttivi e città, sia per la popolazione immigrata che per quella italiana. Abbiamo anche chiesto maggiore sicurezza, che non significa rimuovere protezione e documenti ai cittadini stranieri, ma garantire che lavorare non sia un rischio per la propria vita, sostenendo la necessità di illuminare strade in cui è molto facile, specie di inverno, non essere visti da automobili che sfrecciano ad alta velocità. Abbiamo supportato per questi motivi l’iniziativa “Luci su Rosarno”, ideata dal progetto Mediterranean Hope, che ha previsto la distribuzione di gilet catarifrangenti e fanali per le biciclette per i braccianti e i lavoratori che sulla Piana lasciano alle prime luci dell’alba i ghetti in cui sono concentrati per ritornarvi al tramonto.
Cosa sarebbe costato alle istituzioni competenti, in questo caso la Regione visto che il tratto di strada in cui è morto Gassama Gora è di competenza del CORAP, provvedere a una ‘normale’ illuminazione stradale, come da noi richiesto nel corso di vari tavoli in Prefettura?
Quello di ieri non è stato un incidente, così come la sofferenza sociale cui è costretta la popolazione straniera della Piana non è una fatalità. Si tratta in entrambi i casi del risultato di scelte politiche che nulla hanno fatto negli anni per rimuovere le condizioni di marginalità e vulnerabilità di esseri umani le cui vite, evidentemente, valgono poco, nonostante l’apporto prezioso all’economia regionale e nazionale. Anzi, le scelte politiche di rimuovere forme di tutele e protezioni giuridiche, così come di rimpiazzare ghetti fatiscenti con nuove tendopoli, vanno nella direzione di acuire miseria e subalternità.
Nello stringerci al dolore dei familiari e degli amici di Gassama Gora, ribadiamo che è urgente mettere in pratica una politica radicalmente diversa che garantisca abitazione, lavoro e documenti per chi lavora nei nostri territori. Chiediamo che si intervenga immediatamente sul patrimonio abitativo inutilizzato per reperire case sicure e che si approntino decisioni immediate per salvaguardare la vita di braccianti e lavoratori tutti.
Reggio Calabria, 19 dicembre 2020
USB Lavoro Agricolo