26 maggio, a Catanzaro una giornata di lotta partecipata
Nonostante una situazione nazionale a dir poco difficile e sempre più complicata, la nostra città riesce comunque a distinguersi per le mancanze e i disservizi che rendono quotidianamente sempre più difficile portare avanti un’esistenza dignitosa in quello che, nonostante la continua perdita di rappresentatività e prestigio, resta pur sempre un capoluogo di regione.
Eppure non si direbbe, poiché non è certamente da capoluogo di regione che si articolano i servizi urbani di Catanzaro, a partire dal trasporto interno tra periferia e centro storico che di fatto hanno creato una città a due velocità o vista la qualità dell’offerta potremmo dire a due lentezze, - visto che mentre scriviamo continuiamo a ricevere notizie di dismissioni, posti di lavoro persi, di un 118 senza né medici né personale, - stesso discorso per le strutture private che tra continuo rimpallo burocratico hanno visto il licenziamento di circa 300 lavoratori come se nulla fosse.
E potremmo estendere il discorso al sistema assistenzialistico cittadino, finanche all’ispettorato del lavoro, arma spuntata e ormai solo di rappresentanza formale viste le condizioni numeriche e ambientali in cui si ritrova a svolgere le proprie mansioni, a maggior ragione con la stagione estiva alle porte e con una situazione sociale pronta a diventare incandescente per via della decadenza del reddito di cittadinanza che metterà centinaia di disperati alla mercè di padroncini e alla loro discrezionalità per quello che riguarda stipendi e diritti.
La quotidianità di Catanzaro parla di attività di caratura internazionale (come la tipografia Abramo) che licenziano lavoratori senza colpo ferire e senza preoccuparsi del riassorbimento degli stessi all’interno di una comunità che è sempre più spaesata e costretta a votarsi al “santo” di turno e le dimostrazioni in tempo reale di questa situazione sempre più insostenibile le vediamo nei quartieri della periferia sud, dove l’antistato non ha nemmeno dovuto prendere il posto dello stato, semplicemente perché lo stesso stato in quei quartieri si è limitato ad affacciarsi o a imporre una presenza militare, senza entrarci mai a sporcarsi le mani.
Il risultato finale è la mancanza di fiducia nei confronti non solo della classe dirigente locale e nazionale, ma proprio nei confronti dell’idea della nostra città, bocciata impietosamente dai freddi numeri che parlano di un inarrestabile spopolamento che è la proiezione della mancanza di fiducia dei nostri figli verso un futuro dignitoso da poter vivere nella terra natia, ma per quanto non ci sentiamo di dare loro torto, riteniamo necessario continuare a opporci a una fine silenziosa e dare del filo da torcere a chi vorrebbe che assistessimo a tutto ciò in silenzio, perché non siamo nati per fare i sudditi e chi lotta non sarà mai schiavo.
USB Catanzaro